SCHERMI MAGAZINE

CONTATTACI
SOCIAL
E-MAIL

Italia


instagram

schermimagazine@libero.it

SCHERMI MAGAZINE

© Schermi Magazine

Il cinema americano contemporaneo e il rapporto con l’Altro Etnico: una riflessione a partire da “Gran Tor

2025-04-26 13:36

Array() no author 82619

Articoli,

Il cinema americano contemporaneo e il rapporto con l’Altro Etnico: una riflessione a partire da “Gran Torino” e “Strange Days”

di Luca Caltagirone

Il cinema americano ha sempre avuto un rapporto ambiguo e contraddittorio con l’alterità etnica. Basti pensare alla rappresentazione stereotipata dei nativi americani nei western classici, ridotti a figure demoniache da discriminare, allontanare e uccidere. Non a caso, già nel 600’, la prima forma seriale americana è riconducibile al genere del “captivity tale” (poi divenuto prison tale e prison movie), basata sul racconto di prigionia di donne rapite dagli indiani, del loro salvataggio e successivo ritorno a casa. Nella creazione di una costante dialettica tra Sé e l’Altro, noi e loro, predestinati ed estranei, l’America ha fondato i propri miti fondativi e la maggior parte delle narrazioni autoctone. È ciò che l’intellettuale palestinese Edward Said ha chiamato “Orientalism”, riferendosi all’idea che la cultura occidentale moderna si sia costruita in opposizione all’Altro etnico e coloniale e in funzione della propria autoaffermazione identitaria, dando vita a stereotipi e discriminazioni razziali. Dunque sarà interessante capire come i registi americani contemporanei, in una società profondamente mutata, affrontano il tema dell’alterità etnica, e se e come le rappresentazioni delle minoranze etniche siano state private della componente discriminatoria e da facili stereotipizzazioni.



Per l’occasione, prenderemo come casi di studio “Gran Torino” di Clint Eastwood e “Strange Days” di Kathryn Bigelow, due film profondamente diversi che rappresentano le due sensibilità del cinema contemporaneo, la post-classica e la post-moderna.



Con la sua regia sobria e la sua tendenza nel restare nel sistema dei generi, Clint Eastwood è stato spesso etichettato come regista “post-classico” o “neo-classico”, e rappresenta una delle voci più celebri e significative del panorama cinematografico statunitense. Nel 2008 esce “Gran Torino”, diretto e interpretato dallo stesso Eastwood nei panni di un burbero e razzista reduce della guerra di Corea. Quando una comunità di immigrati Hmong gli si trasferisce accanto, il protagonista vive questo incontro-scontro etnico che lo porterà a un profondo cambiamento interiore. Dopo un’iniziale resistenza, causata dal suo razzismo interiorizzato, il protagonista capisce che è possibile superare le barriere etniche attraverso l’empatia e la comprensione dell’Altro, stringendo anche un legame speciale e paterno col piccolo Thao. Eastwood lancia un invito alla tolleranza razziale e al superamento del pregiudizio etnico attraverso il percorso individuale e di redenzione di un uomo alla fine della sua vita. È il ritratto disilluso di un’America che ha perso ogni tipo di riferimento morale e umano e che trova nella comprensione e nell’empatia un modo per resistere alle avversità e alla violenza del mondo. Dice lo stesso regista: “Questo è il mio film più piccolo, ma anche il più personale. Non è il tempo di poliziotti estremi, ma di coraggio nel comprendere gli altri”.




“Strange Days”, diretto da Kathgryn Bigelow e scritto da James Cameron e Jay Cocks, è un film distopico dal taglio millenaristico e apocalittico, ambientato in una Los Angeles attraversata da violenza, tensioni razziali e dal collasso istituzionale. Al centro della trama c’è il mercato clandestino di Squid, un dispositivo che permette di vedere “esperienze registrate”, come una sorta di realtà virtuale immersiva ma non interattiva. Oltre a questo tema tecnologico e fantascientifico che lo inserisce nell’immaginario del post- moderno, il film racconta dell’omicidio di un rapper afroamericano ad opera di alcuni poliziotti bianchi, episodio che presenta evidenti riferimenti iconografici con l’omicidio di Rodney King durante le rivolte razziali del 92’. I protagonisti del film, coloro che renderanno giustizia al rapper ucciso, sono Lenny, un uomo inizialmente individualista e dipendente dalla tecnologia immersiva, e Mace, una donna afroamericana forte e determinata che rappresenta la coscienza politica e sociale, nonché il motore della resistenza all’ingiustizia e alla violenza sistemica. Il film, fortemente politico, lancia un messaggio di denuncia contro il razzismo della polizia, la brutalità istituzionalizzata e la marginalizzazione delle comunità nere.



I due film, sebbene profondamente diversi per tono, stile e ambientazione, presentano delle connessioni interessanti: lo sfondo è sempre quello di un’America attraversata da una frattura profonda legata alla razza, all’etnia e al modo in cui l’identità dominante si rapporta con l’alterità etnica.



È evidente però, rispetto alle narrazioni del passato, una volontà di rinnovare il proprio rapporto con l’Altro, comprenderlo e difenderlo in nome della giustizia, di un comune senso civico e di appartenenza al genere umano.



Il cinema diventa quindi un luogo di confronto, di rivalutazione e di comprensione di ciò che apparentemente sembra diverso, scevro da facili stereotipizzazioni e dall’intrinseca componente razzista che ha caratterizzato gran parte delle narrazioni dei secoli precedente .



Abbiamo esaminato una porzione limitatissima della filmografia americana contemporanea, con la consapevolezza che le tematiche etniche e razziali sono al centro di tantissimi altri film, come lo straordinario “Scappa – Get Out” di Jordan Peele. Emerge sempre di più la necessità di affrontare il rapporto con l’Altro, forse per una volontà di redimersi, come popolo e cultura, da secoli di discriminazioni e violenza istituzionalizzata nei confronti delle minoranza etniche, a partire dagli indiani d’America, agli afroamericani sino ai messicani. E il cinema funge quindi da strumento di confronto, di inclusione e di maggiore tolleranza, e non può certo privarsi di raccontare una ferita sociale e culturale che, nonostante un processo di maggiore consapevolezza, rimane ancora aperta.



CONTATTACI
SOCIAL
E-MAIL

Italia


instagram

schermimagazine@libero.it

© Schermi Magazine