#CINEMAVIOLENTO Quale miglior film per iniziare la nuova rubrica intitolata #cinemaviolento se non “Breve film sull’uccidere”, imperdibile capolavoro di Krzysztof Kieślowski,? Questa rassegna vedrà due pubblicazioni al mese e avrà come punto cardine la rappresentazione della violenza nel cinema - sia esplicita che sottile, più nascosta e quindi solo immaginabile. Diretto dal regista polacco Kieslowski, questo capolavoro offre una visione unica e provocatoria sulla natura dell'omicidio e sulle conseguenze psicologiche che esso comporta. Mentre molti film trattano il tema dell'omicidio con moralismo, "Breve Film sull'Uccidere" adotta un approccio senza compromessi, mettendo in discussione i nostri preconcetti e lasciando un'impronta indelebile nella mente dello spettatore. Sebbene la trama del film sia semplice, la sua esecuzione è magistrale. Seguiamo la storia di Jacek, un uomo ordinario che si ritrova coinvolto in un incidente che cambia irrimediabilmente la sua vita: durante un tragico evento, assiste impotente alla morte della sua amata moglie, mentre un altro conducente, apparentemente responsabile dell'incidente, fugge via senza lasciare traccia. Devastato dal dolore e dalla rabbia, Jacek si trova catapultato in un vortice di emozioni contrastanti. La sete di vendetta lo consuma, mentre il senso di giustizia lo spinge a cercare il colpevole e a ottenere giustizia per la morte della sua amata. Jacek prende una decisione: uccidere il responsabile dell’incidente. Ciò che rende "Breve Film sull'Uccidere" così straordinario non riguarda unicamente la sua trama, quanto la esemplare capacità di immergere lo spettatore nel vortice delle emozioni e dei dilemmi morali che accompagnano un atto così estremo. La cinematografia del film è un trionfo di creatività e maestria tecnica: il regista sfrutta ogni angolo della telecamera per trasmettere l'intensità della situazione, utilizzando inquadrature ravvicinate per catturare l'angoscia e la disperazione del protagonista e panoramiche mozzafiato per rappresentare il mondo caotico e privo di speranza in cui è intrappolato. Le scelte cromatiche del film sono altrettanto significative, con una palette dominata da tonalità cupe e tetre che riflettono lo stato d'animo desolato e tormentato del protagonista. La colonna sonora, composta da una serie di brani minimalisti e ossessivi, amplifica ulteriormente la tensione e l'angoscia del film, creando un'atmosfera di suspense palpabile che avvolge lo spettatore dall'inizio alla fine. I filtri utilizzati e la candeggina sulla pellicola trasformano il mondo del film in un mondo rotto e negletto. La macchina da presa si muove con un leggero tremore, immergendoci nella realtà dei personaggi e nel loro turbinio di emozioni. È però il contenuto del film che lo rende veramente straordinario. "Breve Film sull'Uccidere" non cerca di giustificare o condannare l'atto dell'omicidio; piuttosto, ci invita a riflettere sulle sue implicazioni più profonde. Il film affronta le complesse motivazioni che possono spingere una persona a compiere un gesto così estremo, gettando luce sulle oscure profondità della psiche umana. Nonostante la sua eccellenza artistica, "Breve Film sull'Uccidere" è rimasto in gran parte ignorato dal grande pubblico. Forse a causa della sua natura provocatoria o della sua mancanza di compromessi: spesso sottovalutato, il film non ha mai ricevuto l'attenzione che davvero gli spetterebbe. Eccezionale e affascinante è sicuramente la sua ambiguità morale, difatti il regista sfida lo spettatore a confrontarsi con le proprie convinzioni morali, costringendoci a mettere in discussione le nostre certezze. Nel film è facile umanizzare un assassino; è molto più difficile evocare simpatia senza farlo esplicitamente. Il film fa di tutto per mostrare Jacek, uno sciocco “piccolo” assassino, colpevole di tante insignificanti gesti crudeli prima di commettere la sua azione peggiore, per ricordarci che si tratta di un uomo terribile. Tutto questo background è però inversamente proporzionale al processo del ragazzo. Non si sente lo Stato; il giudice ha solo poche righe per consolare l’avvocato che non è riuscito a difendere Jacek. Il boia, il governatore e le guardie sono tutte presenti, ma sono freddi e operano come pedine violente delle istituzioni. Jacek rimane un assassino, lo Stato è al tempo stesso senz’annona, freddo, molto più cattivo e violento del ragazzo-bambino Jacek. L’Umanità sparisce, tutto è una legge meccanica, dall’ultima sigaretta all’assoluzione sacerdotale. Inoltre particolarmente interessante è il dibattito che questa pellicola ha scaturito in merito alla pena di morte: sono tanti coloro che molti hanno citato questo film come uno dei motivi per cui la Polonia ha abolito questa forma di tortura, e pare davvero difficile immaginare qualcuno che guardando questo capolavoro decida di sostenerla ancora oggi.
di Giovanni De Sanctis