#CINEMADICARTA “Ho avuto anche io un’esperienza premorte una volta. Stavo attraversando il tunnel in una decappottabile, una vecchia decappottabile, non la mia auto, si congelava. Ghiaccio, grandi stalattiti di ghiaccio gocciolante, e mi sono detto: Bob stai attraversando il tunnel della morte, e poi mi sono detto… Non mi chiamo Bob, non sono Bob, e poi questa non è la mia auto, e questo non è il mio tunnel. E quindi che ho fatto? Inversione a “U” e all’improvviso vado spedito nell’altra direzione e c’è un arcobaleno, un arcobaleno! Vai nella direzione sbagliata Bob, devi invertire la tua arte”. Troppo facile perdere la strada in adolescenza. Mentre la viviamo non ce ne rendiamo conto ma chiunque, a un certo punto, inconsapevolmente e non, si ritrova a dover fare un inversione di marcia, chi più evidente agli occhi esterni, altri quasi impercettibile, ma in entrambi i casi insaporita da un intensificazione di endorfine sbattuta sulla propria pelle, sia per non cascare nell’oblio di una scelta sbagliata che nelle possibili conseguenze derivanti e costretti ad affrontare. Questo è il preludio che ci porta alla Tagline di questa storia: “Quand'è che le cose cominciano ad essere importanti?” Nonostante debba la sua notorietà principalmente al mondo del cinema, James Franco sembra presentarsi come un artista poliedrico, in grado di mettersi alla prova anche nel campo della regia, della sceneggiatura e, soprattutto, della narrativa. Il suo esordio letterario è In stato di ebbrezza, una raccolta di racconti sugli adolescenti di Palo Alto (California), negli anni Novanta. La cittadina californiana descritta da James Franco è ben diversa da quella che conosciamo oggi, che sappiamo essere la patria e il trionfo dell’innovazione e della tecnologia, soprannominata Silicon Valley. I protagonisti di questa storia sono dei ragazzi che affrontano il vuoto esistenziale che si prova alla loro età, con abuso d’alcol, droghe e sesso occasionale, spesso vittime di un contesto familiare difficile; gli adolescenti dei racconti di James Franco si sentono al sicuro solo quando percepiscono che la loro solitudine e frustrazione sono condivise dagli altri coetanei. Nell’esposizione di risse, primi amori e morti accidentali, l’autore, narra gli eventi con uno stile asciutto, essenziale, molto tagliente e affilato; il lettore, difatti, viene catapultato immediatamente nel degrado periferico della Contea di Santa Clara descritte nelle pagine. Gian-Carla Coppola (chiamata più comunemente Gia Coppola), firma sceneggiatura e regia nella trasposizione del libro sul grande schermo. Il film è stato presentato in anteprima al Telluride Film Festival il 29 agosto 2013, per poi avere una distribuzione limitata nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 9 maggio 2014. La pellicola vanta di una candidatura come miglior film per il premio “Orizzonti” alla mostra del cinema di Venezia. Al suo esordio in un lungometraggio, la cineasta statunitense, nipote di Francis Ford Coppola, fa un lavoro fenomenale nell'illustrare l'angoscia e la confusione che sviscera nei meandri del libro all'interno dell’immagine attraverso ogni personaggio; riesce infatti a catturare qualcosa di reale e molto toccante, donando al pubblico una breve sbirciata nella vita di un gruppo di liceali benestanti californiani, per poi concluderlo con una sensazione brusca e sconfortante, come la vita, a volte, ci lascia. Nella battuta affermata da James Franco (nei panni dell'allenatore della squadra di calcio, innamorato della studentessa interpretata da una giovanissima Emma Roberts) “Sei giovane...non sai perché fai le cose” …. “Sono più grande e so che, non ci sono molte cose belle in giro. Ma so che tu sei una cosa bellissima", trasparechiaramente il contrasto tra una persona adulta, consapevole, e un adolescente che finge apatia a causa dello status evidente di chi non ha la più pallida idea di che cosa vuole, e di cosa voglia dire “preoccuparsi”. In quel dialogo c’è tutta la nostalgia di un’età in cui la scoperta e la curiosità sono i fattori che danno lo stimolo per alzarsi al mattino, ai quali non riusciremo ad attribuire il giusto valore finché non si diventa grandi e contaminati… E forseè giusto viverla così, tirando le somme con il senno del poi. Se la struttura narrativa del film fosse stata costruita in qualsiasi altro modo, avrebbe probabilmente sminuito la natura semplicistica della sinossi nel manoscritto di James Franco, peculiarità che, appunto, resta molto fedele e portata avanti con naturalezza nel corso degli eventi. Palo Alto, quindi, è un racconto oscuro sull'angoscia adolescenziale, la depressione e l'autodistruzione.Nell’intrecciarsi dei giovani protagonisti, pulsa un elemento costante che ricorda lo spazio che c’è tra un fiammifero e la carta vetrata: a tratti sembra reale, quasi di vedere quel vuoto materializzato nella sua trasparenza, dove lo spazio invisibile viene attraversato così in fretta da creare un impatto tanto forte da far scoppiare un incendio; altre se ne sta lì, fermo, immobile, mostrando il conflitto apatico tra la testa e il cuore. La pellicola ricevette molte critiche, considerata per la maggiore come “non abbastanza profondo”, ma a volte ci si dimentica che le interiora di una storia si possono intravedere e godere semplicemente dallo stile della fotografia, della luce, delle interpretazioni e l'atmosfera postuma, scordandoci, appunto, che debba essere per forza un estenuante commento sociale (sensazione che comunque vige tra le righe di ogni frame tipico nel cinema indipendente). Nei silenzi, nelle attese, in uno scambio di battute becere, nei compromessi con sé stessi e con il mondo fuori, accontentandosi spesso delle briciole di un’esperienza tanto passeggera quanto indelebile per il processo di maturazione, i ragazzi protagonisti di Palo Alto sperano soltanto che succeda qualcosa, avviliti e amareggiati dall'immobilità delle loro vite, in questa continua sospensione come sulla soglia di un precipizio, oscillanti da una parte all’altra, senza comprendere mai… Che direzione prendere.
di Nicola Bartucca