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Poor things

2024-03-17 22:26

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Poor things

Un commento sul film di Yorgos Lanthimos

di Luca Caltagirone

Uscito a Gennaio nelle sale italiane, “Povere creature!” del regista greco Yorgos Lanthimos ha ricevuto undici candidature al Premio Oscar 2024, ottenendo recensioni positive dalla critica e trionfando con svariati premi e riconoscimenti. Il film, che qualcuno ha osato chiamare un “Frankenstein al femminile”, facendo riferimento al racconto horror di Mary Shelley, è basato sul romanzo dello scrittore scozzese Alasdair Gray. Nella Londra vittoriana, lo scienziato pazzo Godwin Baxter ha appena brevettato il suo ultimo esperimento: far tornare in vita una donna suicida impiantandole il cervello del feto di cui era incinta. Nasce dunque Bella Baxter, una donna adulta dai comportamenti infantili, che deve imparare a vivere e a svolgere anche le azioni più semplici. Godwin intanto le costruisce un paradiso terrestre in modo che possa condividere la vita con il suo Adamo, Max McCandles, uno spigliato studente di medicina che collabora con Godwin nella buona riuscita dell’esperimento. Ma Bella, dopo aver sperimentato l’autoerotismo e il piacere sessuale, decide di mordere la mela del peccato e fuggire con il “serpente” Duncan Wedderburn, un dongiovanni libertino e manipolatore. Duncan, personificazione del marito-padrone che desidera il possesso esclusivo della donna, sceglie di isolarsi con Bella caricandola su una nave da crociera. Nel viaggio in nave, Bella scopre la filosofia e la letteratura e, ad Alessandria, comprende le disuguaglianze e le disparità sociali che affliggono il mondo intero. Sbarcata a Parigi, Bella inizia a lavorare in un bordello come prostituta, e Duncan, perso il possesso sessuale della donna, ha una crisi nervosa. Nel momento in cui Bella si emancipa e abbandona il possessivo Duncan, quest’ultimo rivela tutta la sua fragilità e debolezza d’animo. Duncan è quindi anche l’allegoria di una società patriarcale che si fonda sul possesso e sulla prevaricazione e che, nel momento di emancipazione femminile, si sgretola in frantumi. Su invito di Godwin, ormai malato terminale, Bella ritorna a Londra e decide di sposarsi con Max, intraprendendo la carriera di medico. Ma, durante il matrimonio, giunge il generale Alfie Blessington, affermando di essere stato nella vita precedente il marito di Bella La donna, incuriosita e bramosa di nuove esperienze, abbandona Max e accetta di vivere col generale nella sua sfarzosa villa. Tuttavia Bella si rende conto che era stato proprio il marito che l’aveva resa infelice, a causa dei suoi atteggiamenti violenti e autoritari, spingendola addirittura all’atto estremo. Anche qui Bella decide di ribellarsi ed emanciparsi e, dopo aver neutralizzato l’ennesimo comportamento tirannico di Alfie, sceglie di tornare da Max e, seguendo le orme di Godwin, di dedicarsi allo studio della medicina chirurgica.


Lo spettatore assiste al percorso di emancipazione di Bella, una donna speciale che, come afferma il regista, “va per il mondo con l’opportunità di fare le sue esperienze alle sue condizioni, plasmando la sua personalità senza sottostare alle convenzioni e alle regole della società, della famiglia o di una casta”.


La liberazione della figura femminile dai vincoli di potere della società patriarcale qui avviene attraverso l’emancipazione sessuale, intesa come strumento di ribellione per smantellare le rigide convenzioni imposte dai ruoli di genere e il controllo dell’autonomia femminile. Bella si ribella quindi a una società che opprime le donne e rende loro impossibile esprimere la propria identità, privandole di fatto del libero arbitrio.


Le “povere creature” del film sono le figure maschili, tutte intente a esercitare il proprio controllo e potere su Bella: Godwin, lo scienziato pazzo e “creatore” di Bella è di fatto un uomo con smanie di onnipotenza, che, in nome della scienza, vorrebbe rinchiudere la ragazza dentro le quattro mura per studiarne e analizzarne i comportamenti; Duncan, un casanova dedito ai vizi più terreni, vorrebbe impossessarsi di Bella, della sua sessualità e del suo corpo; infine Alfie, un generale violento e tirannico, possessivo e oppressore, che non accetta la dirompente sessualità della protagonista e la vorrebbe costringere ad un intervento di mutilazione genitale. I costumi, la colonna sonora, la scenografia, tutto si inserisce perfettamente all’interno di un film che mira a creare atmosfere steampunk e baroccheggianti. Le interpretazioni sono tutte magnifiche: dalla protagonista Emma Stone, a Willem Defoe fino a Mark Ruffalo sono tutti perfetti nei ruoli di personaggi eccentrici e stravaganti.


Lanthimos, che del resto aveva già mostrato la sua grande sapienza autoriale in lavori come “The Lobster” o “La Favorita”, è l’autore di un film complesso, dinamico, al limite tra il fantasy e il grottesco, e riesce nell’impresa di dirigere un film esteticamente e tecnicamente perfetto, ma allo stesso tempo di trasmettere un messaggio di emancipazione femminile molto potente.




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