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Past lives

2024-03-17 22:26

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Recensioni,

Past lives

Esordio alla regia per Celine Song

di Nicola Bartucca


Esordio alla regia per Celine Song che, dopo il lavoro da sceneggiatrice nella serie televisiva “La ruota del tempo”, arriva nelle sale cinematografiche con Past Lives. La pellicola è stata presentata in concorso il 21 gennaio 2023 al Sundance Film Festival e ha ricevuto cinque candidature ai Golden Globe e due ai Premi Oscar. La trama è semiautobiografica, ispirata a eventi reali della vita di Song. Il film segue la vicenda di due amici d'infanzia, Nora Moon (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), che nel corso di 24 anni scrutano l’essenza della loro relazione mentre si separano e si ritrovano, soprattutto telepaticamente, vivendo vite molto diverse tra loro. Il primo lungometraggio della regista coreana è figlio di un caos transitorio e manipolatorio con cui tutti quanti facciamo i conti, quotidianamente e il più delle volte inconsciamente, portaci appresso strascichi da metabolizzare lentamente in un mondo che va sempre più veloce. Si percepisce sin dai primi attimi di visione che la cineasta ha una forte predisposizione nell’osservare con profondità ciò che le accade dentro e che la circonda, vestendo il passato per affrontare presente e futuro, innescando una serie di valutazioni che la fanno appropriare della verità più assoluta: le emozioni sono vive ma inesplicabili. Che sia appena divorata o dopo averla assimilata, “inesplicabile" è infatti il fattore comune nella storia tra Nora e Han. A differenza delle sceneggiature scritte con un criterio classico, con una storia metodica e raffinata, qui l’evolversi del racconto ricorda per alcuni aspetti il cinema di Terrence Malick, fatto di immagini poco romanzate che lasciano spazio all’imperfezione del realismo integerrimo. Il filo narrativo del racconto marchiato Celine Song è incentrato sulla permanenza e sulle scelte, sulla predestinazione contrapposta all’accidentalità; è una storia di identità geografiche e culturali, di distanze incolmabili e improvvise vicinanze, di motrici di crisi e atti di coraggio; esasperazione dell’amore vero. Ci troviamo in un racconto di luoghi, tra New York e Seoul: Celine Song ha utilizzato gli ambienti come parte integrante della storia e dell’identità dei suoi personaggi; non le interessava mostrare quello che sarebbe potuto essere, bensì il confronto quotidiano con chi si è scelto di diventare, una decisione che porta inevitabilmente con sé una rinuncia. E ancora, la fiducia nel divenire e l’accettazione del cambiamento come passaggio necessario al compimento di un’esistenza, di un amore, nonostante i dubbi, le incertezze, i ripensamenti, senza rimorsi o rimpianti. In un periodo fatto di analisi eccessiva, è indispensabile toccare l’inesplicabile e riconoscerne il piacere, come fanno Nora e Hae, ricordandoci che l’amore è soprattutto questo, nel bene e nel male. Uno dei dialoghi che resta più impresso dopo la visione -in contraddizione con ciò che si è visto fino a quel momento- non è tra i due protagonisti principali, bensì tra Nora e il suo futuro marito durante il primo incontro in un alloggio per artisti; qui ci troviamo davanti al primo vero plot twist, dove si percepisce una connessione profonda con un altro uomo:


“Nora: C’è una parola in coreano, in-yun. Significa provvidenza o destino.


Arthur: E tu ci credi?


Nora: È solo una cosa che dicono i coreani per sedurre qualcuno."


Nella cultura coreana in-yun è l’esatto momento che descrive due sconosciuti camminano per strada e i loro vestiti si sfiorano appena; significa che c'è stato qualcosa tra loro. Provvidenza o destino? Le risposte arrivano nel corso di 24 anni in cui è narrata la storia dei personaggi, le esistenze di Nora e Hae si intrecciano dall’infanzia con la stessa naturalezza di due fili di lana nelle mani ruvide di un’anziana, ti fanno immergere nel candore che hanno le correnti di un fiume che si mischiano fra loro e prima di accorgersi di essere indispensabile l’uno per la crescita dell’altro, finiscono per perdersi nell’immensità di un mare che ti riconcilia solo se sei pronto a rinunciare a tanto, se non a tutto di quello che hai costruito; al giorno d’oggi sembra utopia, forse perché l’inesplicabile è diventato purtroppo comprensibile, ma mi piace pensare che la realtà è ben più semplice, come diceva un giovanissimo Leonardo Pieraccioni ne I laureati: “E forse gli amori migliori sono proprio questi. Quelli che sembra che possa succedere chissà che, e poi invece non succede nulla.”



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