di Nicola Bartucca L’esordio di Jonah Hill dietro la macchina da presa è un viaggio nostalgico a bordo di uno skateboard, nell’intestinodi una polaroid sbiadita, persa e poi ritrovata in un cassetto della Los Angeles degli anni ’90. Il regista californiano racconta il decennio che ha vissuto da adolescente, omaggiandolo prima con il titolo e poi con le Tartarughe Ninja, Hulk Hogan, i Nirvana, il Super Nintendo, le Liquidator, gli skater, le serate Blockbuster, i Pixies, gli autobus, raccontando il suo mondo in 4:3 e dandoci quasi l’impressione di osservare il girato da una videocamera amatoriale, proprio come quella usata da Fourth Grade - uno dei personaggi della storia - nel filmare i trick e le acrobazie dei suoi amici con la tavola. La pellicola è stata presentata al Toronto International Film Festival il 9 settembre 2018 e distribuita nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 19 ottobre dello stesso anno; ha inoltre riscontrato enorme successo anche al Festival Internazionale del cinema di Berlino attraverso la sezione “panorama”. Mid90s, racconta la città di Hollywood in ottica teen, evocando un periodo talmente vicino che appare già così lontano; sì perché gli anni ‘90 sono stati un’epoca più spensierata rispetto a quello che vediamo e viviamo oggi,omaggiati dalla mancanza di esasperazioni tecnologiche e da una bislacca e onesta quotidianità, più libera in termini di linguaggio, con i giovani protagonisti che si esprimono tranquillamente tra loro usando vocaboli che vent'anni dopo risulterebbero politicamente scorretti, offensivi e poco inclusivi; stesse anime che allo stesso tempo hanno il giusto intervallo per constatare l’importanza delle parole e del loro significato. In queste piccole sfumature il regista ci ricorda che nella decade da lui illustrata, c’era sicuramente un lasso temporale più ampio per formarsi come persone, ma Jonah Hill non è in modalità malinconica e non giudica le incongruenze tra il periodo adolescenziale e l’età adulta, Mid90s, infatti, è soprattutto un breve squarcio di vita, che aderisce al reale con puerile e maleducata innocenza, restituendo l'allegria mista all'assenza di freni che può caratterizzare il periodo della seconda adolescenza attraverso un viaggio subitaneo lungo le strade di Los Angeles insaporito da una pellicola magnificamente sgranata, all'insegna di un racconto semplice sul piano narrativo ma sorprendentemente stratificato e cinefilo su quello estetico, gestito da un cineasta ancora acerbo ma già pronto per essere colto. La trama del film è abbastanza scarna, Stevie ha 13 anni e trascorre la sua estate nella città degli angeli diviso tra la famiglia problematica e un gruppo di nuovi amici conosciuti in un negozio di skateboard. “Fall. Get back up” letteralmente tradotto “cadere, rialzarsi” è il payoff che accompagna il poster del film, ed è un po’ il crocevia del passaggio tra la fanciullezza e la saggezza, e l’omaggio di Hill a quest’ultima è una bella riflessione sugli ultimi adolescenti senza internet e senza smartphone, per cui il massimo della vita era starsene su un muretto insieme agli amici con cui si pensava di passare il resto della vita. Un’età difficile ma anche meravigliosa, con tutte le sue imperfezioni, i suoi errori, le sue indimenticabili scemenze. La scena più emblematica del lungometraggio è senz’altro quella accompagnata da “We'll Let You Know”, di Morrissey, sotto gli occhi di un tramonto californiano doveil connubio tra una skateata fra le macchine e le parole del cantautore britannico “Quanto siamo tristi? E quanto siamo stati tristi? Te lo faremo sapere, te lo faremo sapere. Oh, ma solo se sei veramente interessato”, rendono la nostra nostalgia palpabile, da toccare quasi con la mano. Si può dire che Jonah Hill diventa quindi regista e sceneggiatorecon coraggio - come lo stesso Stevie fa con lo skateboard -lasciando che il suo film corra su una tavola sicura ma piacevole, prendendosi pochi rischi. Il suo esordio narra soprattutto della necessità di trovare un posto nel mondo, un luogo dove sentirsi parte di qualcosa, specie in una fase della vita dove tutto sembra amplificato oltre ogni limite, nel bene e nel male, e ancora, ci racconta inoltre di quanto eravamo tristi e al contempo onesti a tredici anni negli anni’90, avvedendosi di quanto fosse sincera e incontaminata l’amicizia prima di crescere quel poco di troppo.