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Danimarca: Lars Von Trier e DOGMA 95

2024-05-13 18:19

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Cinema Scandinavo,

Danimarca: Lars Von Trier e DOGMA 95

#CinemaScandinavo

#CINEMASCANDINAVO
di Luca Caltagirone

Il secondo articolo della rubrica sul cinema scandinavo contemporaneo è dedicato al regista scandinavo più celebrato nel panorama internazio- nale, il danese Lars Von Trier. Provocatorio, camaleontico, estremo, il ci- nema di Lars Von Trier si ama o si odia. Emoziona o irrita. Seduce o re- spinge. Dopo aver visto un suo film non si rimane mai indifferenti. I critici cinematografici lo elogiano smaccatamente o lo stroncano ferocemente. I film di Von Trier disturbano, fanno discutere, polemizzano. In “Epide- mic” l’aspirante regista, da lui stesso interpretato, dice “Un film dovrebbe essere come un sasso nella scarpa”, e quindi provocatorio, scomodo, fastidioso.



Il regista danese è il cineasta che conta il più alto numero di manifesti programmatici, tutti noti per essere particolarmente polemici, esibizioni- sti ed autoriflessivi. E di fatto riflettono la sua bizzarra ed egocentrica personalità; sono noti i suoi scontri sul set con Bjork e Nicole Kidman.



Nel 1995, Von Trier è l’autore, insieme al regista Thomas Vinterberg, del famoso manifesto “DOGMA 95”, nel quale stabilisce alcune regole di rigore cinematografico anti-Hollywood. Di seguito una sintesi:



“DOGMA 95, per erigersi contro il cinema individualista, presenta una serie di regole intitolate: Voto di Castità.



1) Le riprese non devono avere luogo in esterni



2) Il suono non deve essere prodotto separatamente dalle immagini



3) La macchina da presa deve essere portata a spalla



4) Il film deve essere a colori



5) I film di genere sono inaccettabili



6) Nei titoli non deve comparire il nome del regista”



Le regole etico-formali stilate in DOGMA 95 non vanno prese come qualcosa di realmente “dogmatico”, come una serie di comandamenti ri- gidi la cui trasgressione è sinonimo di punibilità. Il manifesto è piuttosto una provocazione, la proposta di un’idea di un cinema “sincero”, contro i toni medi di un cinema commerciale legato alle logiche di mercato. Inol- tre il regista si fa portavoce di un cinema popolare e per nulla aristocrati- co nel momento in cui sceglie rigorosamente di prediligere la videoca- mera anziché la tradizionale cinepresa: così Von Trier ricorda ai giovani video-makers che le immagini in video possono essere trasferite su pel- licola, e che dunque è possibile fare del buon cinema anche a basso budget e con mezzi limitati.



È interessante anche notare che il manifesto non ha nessuna connota- zione “politica”, ma è incentrato principalmente sugli aspetti formali del linguaggio filmico. Fa eccezione l’ultima regola: “Nei titoli non deve com- parire il nome del regista”. Agli antipodi rispetto ai propositi della “politica degli autori” della Nouvelle Vague, per i registi danesi il film è il frutto di un lavoro collettivo. Lo spettatore deve andare in sala per vivere l’espe- rienza cinematografica, per emozionarsi, non perché conosce o apprez- za il singolo regista.



Il film DOGMA per eccellenza è certamente “Idioti”: scritto, diretto e montato da Von Trier, il film racconta di un gruppo di giovani intellettuali che si fingono disabili per ribellarsi alle norme e ai valori borghesi della società contemporanea. I protagonisti, attraverso “la pratica dell’idiozia”, provano a superare le barriere delle convenzioni sociali, le pratiche delle belle maniere, le cortesie di facciata, per far emergere il bambino volubi- le e autentico celato dentro la propria interiorità. Il tentativo rivoluzionario del gruppo fallisce perché molti abbandoneranno l’impresa, vittime di una società che impone unicamente regole oppressive e reazionarie. Dice Von Trier: “Ho avuto l’idea del film mentre scrivevamo il manifesto di DOGMA 95. E’ l’idea di un gruppo di persone che scelgono di com- portarsi da idioti, tutto lì. E poi, dopo una lunga incubazione, quest’embrione è diventato un racconto”. Con un bassissimo budget e un cast di giovani attori non professionisti, il film è girato soprattutto in ambienti naturali, con un suono diretto e la luce del giorno.



Alla domanda “Come hai lavorato con gli attori?”, Von Trier risponde: “Ho concesso la massima libertà. Spiegavo a grandi linee, poi gli attori potevano muoversi liberamente. Era una sfida che spingeva gli attori a esprimersi in modo diverso. Dovevano vivere, piuttosto che vivere la vita dei loro personaggi”.



Lasciando largo spazio all’improvvisazione, Von Trier utilizza un approc- cio alla recitazione cinematografica che fonda le sue radici nel celebre “Metodo Stanislavskij”: l’attore non deve fingere davanti la macchina da presa, ma vivere realmente quello che vive il personaggio da interpreta- re, attraverso un processo di immedesimazione e di ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore. Il tutto trova con- ferma nella testimonianza di una delle giovani attrici sul set: “Lars ha detto: cercate il piccolo idiota che è in voi e lasciatelo libero di agire”.



Il film è stilisticamente molto freddo, quasi cinico, in quanto vuole ripro- durre nello stile la condizione dell’urgenza del filmare e del mostrare. L’illuminazione non direzionata restituisce immagini sporche e sgranate; la macchina a mano è instabile, offrendo inquadrature sghembe e libere che producono nello spettatore a uno stato di spaesamento e confusio- ne. Inutile dire che tutte le regole dello stile classico (campo-controcam- po, i raccordi, il montaggio continuo) vengono meno a favore di una maggiore autenticità e realismo, quasi a mò di reportage giornalistico. “Idioti” resta un caso isolato, un’eccezione nella filmografia di Von Trier, come del resto lo sono tutti i suoi film. Anche i suoi fan più affezionati non sanno mai cosa aspettarsi dal regista: l’estetismo raffinato e perfe- zionista di “Europa”? Le immagini traballanti di “Le onde del destino”? La megalomania delle cento telecamere di “Dancer in the Dark”?



Ogni film di Von Trier è sorprendente e imprevedibile, a suo modo affa- scinante e allo stesso tempo disturbante. Amato e lodato da tanti per la sua genialità, il regista conta anche tanti detrattori che lo criticano e di- sprezzano per la sua presunta megalomania e ampollosità. Per questo l’invito è quello di recuperare ogni film di Von Trier, per farsi una propria idea su un autore che ha suscitato grande clamore mediatico anche a li- vello internazionale, di fatto divenendo la figura più di spicco e rappre- sentativa del cinema scandinavo contemporaneo.




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