#CINEMADICARTA L'amore di Spike Lee per New York in un film in cui la Grande Mela, appena ferita dal tragico episodio dell'attentato alle Torri gemelle, fa da sfondo all'apice del dolore; un film al cardiopalma, duro e angosciante. In una parola: monumentale! Presentato con successo al Festival di Berlino, il film ha conquistato ampie lodi per la forza visiva e narrativa con cui sono comunicate le sue tematiche, giudicato infatti dalla critica, come una delle migliori pellicole del cineasta newyorkese, in una storia particolarmente drammatica che coniuga la fine della libertà di un uomo a quella di una città, se non del mondo intero. Monty Brogan è uno spacciatore di New York, fidanzato con la bella portoricana Naturelle Riviera e sempre accompagnato dai suoi inseparabili amici Jacob Elinsky e Frank Slaughtery. La sua vita prende una svolta inaspettata quando, in seguito ad una soffiata, la polizia si reca presso il suo appartamento trovandovi numerosi contanti e chili di droga. Monty viene così condannato a sette anni di carcere e si trova a dover dire addio ad ogni sua prerogativa di essere umano. Durante l'ultima giornata di libertà, egli decide di vivere quante più esperienze possibili, riflettendo costantemente su quanto capitatogli; Monty non potrà far altro che andare incontro al suo destino: Il carcere di Otisville. La sceneggiatura, splendida, è un adattamento di David Benioff del proprio romanzo d'esordio, uscito l'anno prima con lo stesso titolo del film. Lee decise pertanto di apportare una serie di aggiunte al copione, convinto che non si potesse far finta che la città non avesse subito cambiamenti dopo l'11 settembre, ed è stato aggiunto tutto ciò che riguarda Ground Zero: dai fasci di luce dei titoli di testa che rimandano ai due grattacieli, alle foto dei vigili del fuoco nel pub del padre di Monty, fino alla toccante sequenza del dialogo tra Jacob e Frank, che si svolge davanti ad una grande finestra che dà sullo slargo in cui si vedono le ruspe che continuano a lavorare per rimuovere i resti della tragedia. La 25a ora fu così il primo film a mostrare Ground Zero, la zona dove sorgevano le Torri Gemelle e divenne dunque il manifesto di un’umanità smarrita in un contesto quantomai incerto e in crisi. Col passare degli anni, il titolo è diventato sempre più popolare, sia per i suoi contenuti che per alcuni particolari in esso presenti. Tra gli elementi di maggior fama nel film vi è senza dubbio il lungo monologo in cui Monty, non capacitandosi della sua colpa, inizia ad insultare un lungo elenco di persone ed etnie, rendendosi infine conto che l’unico a cui dover dare la colpa di quanto accaduto è sé stesso. Originariamente, Benioff non aveva incluso tale monologo nella rivisitazione cinematografica del suo libro, convinto che non fosse adattabile per il grande schermo, Lee, d'altro canto, lo convinse invece ad inserirlo, dichiarando di poter trovare la giusta messa in scena per quest'ultimo. Il regista aveva ragione dato che ad oggi è una delle scene più iconiche del cinema dal Duemila in poi, con un gigantesco Edward Norton davanti lo specchio parlando appunto ai suoi peggiori nemici: la città di New York e se stesso. Questi sono gli ultimi frammenti di un monologo che ha fatto la storia: “In culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera di Astoria agli attici di Park Avenue, dalle case popolari del Bronx ai loft di SoHo, dai palazzoni di Alphabet City alle case di pietra di Park Row e a quelle a due piani di Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare, che gli incendi la distruggano, che bruci fino a diventare cenere e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi. C’è un’infinita tristezza nel volto del protagonista: dall'inizio sulla panchina al molo, passando per il monologo davanti lo specchio e finendo agli ultimi sguardi fuori dal finestrino in macchina con il papà. Non è cambiato poi molto Monty Brogan in quelle fatidiche, ultime ventiquattr'ore di libertà! L'arrivo della 25a ora, difatti, è quella del sogno e della redenzione impossibile, ma d'altronde, rappresenta anche il momento nella quale Monty può cambiare il suo destino, e come gli ricorda il padre, le città nel deserto sono nate perché la gente voleva andar via da qualche altro posto e che solo nel deserto si può ricominciare.
di Nicola Bartucca
No... in culo a te, Montgomery Brogan. Avevi tutto e l’hai buttato via, brutta testa di cazzo!”