di Claudia Lopez Ragazze interrotte (Girls interrupted) film del 1999 diretto da James Mangold con Winona Ryder e Angelina Jolie è senza dubbio una Perla salvifica e allo stesso tempo profondamente “ tagliente”. Vincitore di grandi premi: nel 1999 fu candidato ai Teen Choice Awards come miglior film biografico-drammatico, nel 2000 ad Angelina Jolie fu conferito il premio Oscar come migliore attrice non protagonista seguito da altri otto importanti riconoscimenti; un successo prevedibile e formidabile.Il film cammina a passi ora lenti, ora schizoidi sui fili di dieci tracce musicali che concorrono a creare una unica colonna sonora: Da Petula Clark, a Jefferson Airplane fino alla grande Aretha Franklin. Il film è ambientato nell’America degli anni Sessanta; Susanna Kaysen (Winona Ryder) è una diciannovenne in conflitto con se stessa, con la bella apparenza continuamente ricercata da sua madre e suo padre, con l’amore furtivo per un suo professore. Una sera del 1967 Susanne “per un forte mal di testa” manda giù un’intera boccetta di aspirina con della vodka pura. Per il suo psichiatra e i suoi genitori l’intento della giovane era uno e uno solo: togliersi la vita. Tra una sigaretta e l’altra Susanne vede cose che le fanno perdere contatto con il mondo esterno, reale. Si domanda: Avete mai confuso un sogno con la realtà? Avete mai rubato qualcosa quando tenevate la cassa, vi siete mai sentite tristi? Avete mai pensato che il vostro treno si muovesse, mentre invece eravate ferme? Forse ero solo pazza, o forse erano gli anni Sessanta. O forse ero solo una ragazza interrotta.Ora la cena di famiglia dalla quale si sentiva aliena ed alienata, ora la notte di passione con il giovane Toby(Jared Leto), poi il professore, i primi occhi che incontra dopo la lavanda gastrica cui dovette sottoporsi per disintossicarsi dalle sostanze di quell’ormai conclamato tentato suicidio. Susanne è confusa, specchio di tanti giovani che dopo il diploma non sanno bene che strada prendere. L’università non era più pensabile per le sue condizioni, la scrittura per un po’ sembrò come abbandonarla. L’unica via d’uscita era tentare di darle pace fuori da casa sua, dalla sua stanza, dal bagno in cui recuperò la dose di aspirina, dai suoi spazi. E così si ritrovò al Claymoore Hospital, centro psichiatrico dove restò per lunghi e movimentati diciotto mesi. Susanne sin dai suoi primi attimi lì rimase colpita dalla forte personalità di Lisa, dapprima presa da un sentimento di naturale rifiuto percependola come una “pazza svitata” e poi in lei una curiosità fortissima la spinse ad avvicinarsi alla bionda ragazza, a quella terra di nessuno. Così, tra le due,nacque un’amicizia sincera. Una sera, nascostamente, le compagne del reparto si intrufolano nello studio della dottoressa Wick (Vanessa Redgrave) e leggono le proprie cartelle cliniche. È solo a questo punto che Susanne prende contezza della propria malattia mentale: disturbo della personalità borderline, promiscua nel sesso. Da subito, vanamente, si chiese con quanti uomini avrebbe dovuto approcciare per essere considerata tale. Domanda che restò pressoché irrisolta. Susanne scelse di seguire Lisa nella sua fuga verso la libertà. Le due si ritrovarono a casa di una loro ex compagna la quale, messa al muro da Lisa, la mattina dopo scelse di farla finita: una corda,il suo trucco colato e un gatto ora orfano di madre. Susanne non resse quell’immagine e per lei lo spettro della morte divenne tanto vicino e distruttivo da capire di non voler più sprecare tempo a pensare di essere la sua malattia. Come tanti e tante vivono e sanno, staccarsi di dosso il sudiciume delle notti insonni, dell’amaro degli psicofarmaci, dello stordimento dato dai sonniferi, dalle urla di chi vive l’isolamento, dalla parola “ problema” è quanto di più complesso vi sia. Susanne solo più tardi seppe che Lisa era lì da otto anni. Al contrario lei, dopo poco più di un anno fu dimessa. La stessa Susanne nel taxi che un anno prima l’aveva condotta in ospedale e che ora la riportava nel suo Mondo conclude ammettendo: “ . Un film toccante, che brucia ogni velo che celi la verità delle verità: ognuno è fallibile, i disturbi mentali pongono dinanzi ad un bivio: salvezza o buio eterno. Scegliere spesso è quanto di più complesso vi sia. Ombra e luce, follia e sogni indotti, l’amaro in bocca e la gioia di riconoscersi in altre storie di vita. Quelle quattro mura che diventano casa, il Mondo fuori, alieno e scostante. Ogni ripresa conduce lo spettatore in quelle stesse mura, dietro quelle finestre nella mente e nel cuore di quel Mondo ricreato, diverso. Ed è bello poter essere fuori di sé per un po’, anche solo per centoventisette minuti della frenetica vita d’ogni giorno.
Dichiarata sana e rispedita nel mondo. Diagnosi finale: borderline recuperata. Che cosa voglia dire ancora non l'ho capito. Sono mai stata matta? Forse sì. La follia non è essere a pezzi o custodire un oscuro segreto. La follia siete voi o io, amplificati: se avete mai detto una bugia e vi è piaciuto, se avete mai desiderato di poter restare bambini in eterno... Non erano perfette ma erano amiche mie.
Negli anni Settanta quasi tutte erano uscite e vivevano la loro vita. Alcune le ho riviste, altre no, mai più. Ma non c'è un giorno in cui il mio cuore non le ritrovi"